A dicembre del 1893 venne costruito un nuovo spazioso Kodokan nel distretto di Koishikawa a Tokyo. Le cose andavano bene per Jigoro, ma sul palcoscenico internazionale la situazione stava degenerando.
Un iniziale scoppio di tumulti civili nella penisola coreana si era trasformato in una vera e propria rivolta popolare. I funzionari governativi del Giappone furono messi in allarme quando, in risposta ad una richiesta di assistenza da parte del governo coreano, la Cina inviò delle truppe per reprimere la rivolta. Anche il Giappone inviò le sue truppe nella regione travagliata e, subito dopo, scoppiò una guerra tra la Cina e il Giappone.
Dopo otto mesi di combattimenti l’esercito giapponese riuscì a sconfiggere le forze della Cina. In seguito alla vittoria riportata, il Giappone impose alla Cina il ritiro delle sue truppe dalla penisola coreana.
Inoltre, l’inviato diplomatico del Giappone in Cina voleva invitare gli studenti cinesi ad andare a studiare in Giappone e, perciò, si mise in contatto con il Ministro degli Esteri che, a sua volta, si rivolse a Jigoro Kano in quanto decano dell’Istituto Magistrale di Tokyo.
Jigoro accettò di assumersi la responsabilità di redigere, personalmente, un programma didattico per gli studenti cinesi in Giappone. Credeva fermamente che delle evolute metodologie didattiche potessero sollevare i livelli culturali del mondo e offrire, così, metodi efficaci per ottenere la prosperità mondiale attraverso mezzi pacifici.
Dedicò gran parte del suo impegno all’istruzione e al benessere degli studenti cinesi, fece particolare attenzione affinché non subissero alcun tipo di discriminazione e fondò per loro un istituto scolastico chiamato Kobun Gakuin. Nelle lettere spedite alle loro famiglie in Cina gli studenti riservavano numerose parole di stima nei confronti dell’“eccellente educatore” Jigoro Kano.
Dopo aver letto tali lettere, un famoso pedagogo cinese si mise in contatto con Jigoro attraverso l’ufficio consolare cinese in Giappone. Gli scrisse che la Cina era rimasta indietro, rispetto al resto del mondo, per tutto ciò che riguardava il campo dell’istruzione e chiese a Jigoro se avesse potuto presentargli un metodo ideale per innalzare il livello di istruzione in Cina.
Jigoro gli spedì immediatamente una lettera di risposta nella quale scriveva: “Mandate a studiare per sei mesi in Giappone gli studenti più virtuosi con conoscenze operative in ambito pedagogico; insegneremo loro i nostri metodi didattici. Mandateci altri studenti per periodi di studio più lunghi: di nove e dodici mesi. Infine selezionate alcuni studenti per corsi di studio a lungo termine.
Gli studenti che torneranno in Cina dopo sei mesi potranno iniziare a redigere dei programmi didattici per le scuole elementari, quelli che torneranno dopo nove o dodici mesi avranno una comprensione più precisa del nostro sistema scolastico e, infine, quando torneranno gli studenti a lungo termine saranno in grado di sovrintendere all’introduzione di opere migliorative più specifiche”.
Il pedagogo cinese rimase impressionato dalla genialità della proposta di Kano.
Gli sforzi che egli fece, a favore degli studenti cinesi, non furono mai dimenticati e, negli anni a venire, Jigoro si fermò spesso a Shangai durante i suoi, frequenti, viaggi in Europa.
Il Ministro degli Esteri cinese invitò Jigoro in Cina per un giro turistico del paese. Quando arrivò a Pechino una folla si era assiepata per dargli il benvenuto e venne dato un banchetto in suo onore. Tra gli ospiti vi erano varie autorità e Ministri di governo, attivi nel campo dell’istruzione, che volevano ascoltare le idee di Jigoro su come far fronte ai problemi che assillavano il sistema scolastico cinese.
“La gente deve poter avere fiducia nel sistema didattico del paese”, disse loro, “A volte le leggi e le politiche di governo devono essere ritoccate per rispondere ai cambiamenti della società”. Gli ospiti rimasero affascinati dai suoi commenti e furono ampiamente d’accordo con le opinioni espresse.
Nel settembre del 1902, Jigoro fece visita al pedagogo cinese la cui richiesta di consigli aveva portato alla fondazione del Kobun Gakuin, il signor Choshido.
Dopo aver passato qualche giorno a casa del signor Choshido Jigoro disse addio al suo gentile ospite e, assieme a Kinta (suo compagno di viaggio), attraversò in nave l’immenso lago Doteiko. Durante la traversata di ritorno, tuttavia, la loro imbarcazione si incagliò.
Dopo una lunga attesa numerose navi cominciarono ad avvicinarsi al vascello arenato. “Quindici imbarcazioni pirata hanno circondato la nave!”, urlò un membro dell’equipaggio. “I pirati non ci stanno attaccando”, disse un passeggero che, subito dopo, aggiunse: “Sanno che non abbiamo alcuna via di fuga ma se si avvicinano troppo alla nostra nave corrono il rischio di arenarsi anche loro”.
Kinta, che si trovava sul ponte, preso dall’agitazione si era completamente dimenticato di Jigoro. Era certo che il grande Maestro di Judo si stesse preparando alla battaglia. Preso dall’eccitazione, scese in coperta e aprì la porta della cabina di Jigoro trovandolo, con immensa sorpresa, seduto su di una sedia. Alla vista di Kinta si limitò a fare un gesto verso l’oblò e a dire, con un tono sereno: “La luna è splendida stasera”.
Le ore passavano lentamente mentre l’assedio continuava. Non appena la luna sparì dietro l’orizzonte, il comandante annunciò che non si trovavano più in pericolo imminente, visto che era troppo buio perché i pirati potessero lanciare un attacco, perciò suggerì di cogliere quell’occasione per tentare di disincagliare la nave dal banco di sabbia. I membri dell’equipaggio si calarono lungo una banda della nave ma i loro sforzi si rivelarono inutili. Kinta scese di corsa in coperta per informare Jigoro riguardo il tentativo fallito di liberare la nave. Mentre si avvicinava alla cabina udì uno strano rantolio provenire dall’interno. Aprì la porta e trovò Jigoro che dormiva profondamente e russava sonoramente.
Assieme alle primi luci del giorno apparve anche un senso di liberazione, visto che le imbarcazioni dei pirati erano scomparse. I motori furono riavviati e si tentò di nuovo di disincagliare lo scafo; questa volta con successo.
La compostezza che Jigoro aveva mantenuto impressionò profondamente Kinta. In quell’occasione si convinse che l’incredibile autocontrollo del Maestro Kano era il risultato di un intenso e costante addestramento nel Judo.
Nel 1900, nel nord della Cina, ebbe luogo una rivolta contro i cittadini delle potenze straniere che si trovavano sul territorio cinese; l’evento è rimasto famoso nella storia con il nome di “Rivolta dei Boxer”. La Russia reagì alla ribellione inviando le sue truppe all’interno della Manciuria per poi ottenere il consenso della Cina di mantenerle dispiegate in quei territori. Questo accordo venne percepito come una minaccia verso gli interessi giapponesi in quell’area e alcuni richiesero una rapida risposta militare. Il Giappone, di tutta risposta, mise subito in azione la sua macchina bellica e stipulò un’alleanza strategica con l’Inghilterra. Era opinione di molti che, sconfiggendo la Russia, il Giappone avrebbe potuto avanzare diritti sulla Manciuria; pertanto, nel febbraio del 1904, la milizia giapponese attaccò le truppe russe dando iniziò, così, ad una guerra che sarebbe durata per ben diciotto mesi.
Dopo un anno e mezzo di guerra la Russia e il Giappone firmarono un trattato di pace, con gli Stati Uniti nella funzione di stato mediatore.
Durante questo conflitto furono chiamati alle armi molti dei giovani che praticavano il Judo presso il Kodokan. Di questi, trentasei rimasero uccisi, tra cui Takeo Hirose, che poteva essere nominato successore del Maestro Kano come guida del Kodokan.
In quegli anni Jigoro, che svolgeva ancora il suo ruolo di decano dell’Istituto Magistrale di Tokyo (la carica gli era stata riconfermata e lui l’avrebbe mantenuta fino al gennaio del 1920), ricoprì la funzione di capo della Sezione Affari Didattici del Ministero dell’Istruzione lavorando, successivamente, sotto la guida di cinque diversi Ministri dell’Istruzione e, così facendo, la sua fama, come educatore, continuò a diffondersi in tutto il paese.
Kano non pensava quasi mai alla sua carriera; la sua preoccupazione principale, a quell’epoca, era il miglioramento delle condizioni di lavoro dei docenti. Secondo lui i salari, e le condizioni di lavoro, dei professori degli istituti magistrali erano peggiori rispetto a quelli dei docenti universitari. Di conseguenza, era difficile trovare persone qualificate che volessero insegnare negli istituti magistrali. Jigoro era ben consapevole di questa situazione tanto che sollevò ripetutamente la questione asserendo che: “Non si può alzare il tenore di vita di una società senza che i suoi cittadini siano bene istruiti. Quando il tenore di vita migliora la società diventa più complessa. Per quanti validi studenti una società riesce a produrre se il suo popolo non viene opportunamente educato non sarà comunque possibile costruire un sistema politico avanzato. L’istruzione rappresenta l’elemento di base per progredire in qualunque campo”.
Tuttavia, proprio quando le riforma da lui proposte stavano per essere attuate il Ministro in questione veniva inaspettatamente sostituito.
Poiché i loro salari erano molto bassi, alcuni dei docenti dell’Istituto Magistrale di Tokyo finirono per indebitarsi. Un professore, preso dalla disperazione, andò dal decano per esporgli i suoi problemi finanziari. Jigoro lo ascoltò con attenzione e, senza dire una parola, infilò la mano nel cassetto della sua scrivania, tirò fuori la sua busta paga, ancora chiusa, e la consegnò al professore.
Questi fatti vennero alla luce molti anni dopo quando il professore, ormai in pensione, venne intervistato da un giornale nazionale.
Negli anni della sua vecchiaia Jigoro ammise di non essere riuscito a fare tutto ciò che aveva sperato durante gli anni passati al Ministero.
L’essenza del metodo di insegnamento e di formazione seguito da Jigoro consisteva nell’infondere nello studente la fiducia in se stesso. Secondo lui, gli educatori del futuro avrebbero dovuto sviluppare un senso di fiducia non solo nelle loro capacità intellettuali, ma anche nel loro aspetto fisico e, pertanto, incoraggiò qualunque tipo di esercizio ginnico. Alla fine divenne famoso, tra gli scolari giapponesi, come “il padre dell’Educazione Fisica”. Nel 1910 pubblicò un libro, rivolto ad un pubblico giovanile, intitolato “Seinen Shuyoren” (formazione morale per i giovani) nel quale affermava che l’addestramento fisico dovrebbe concentrarsi sul miglioramento della propria postura e della propria agilità.
Nel 1918 Jigoro sottopose al Ministro dell’Istruzione un progetto di ampia portata per riformare gli istituti magistrali del Giappone. La sua proposta più importante era quella di promuovere gli istituti magistrali allo status di ateneo. “La società è cambiata e quindi anche il nostro sistema didattico deve cambiare. Dobbiamo fare del nostro meglio per elevare gli standard accademici”, disse in un intervento, durante la riunione di approvazione del progetto. Nonostante la sua osservazione produsse una grande agitazione, Jigoro difese con decisione la sua proposta, tanto che ne seguì un acceso dibattito e, dato che la fazione a sostegno delle università imperiali lo contestò ferocemente, decise di cambiare tattica eliminando dalla sua proposta tutti i riferimenti allo status universitario.
In base alla nuova proposta, il nome dell’istituto sarebbe rimasto lo stesso ma il corso di formazione sarebbe stato prolungato di un anno, ovvero alla pari dei corsi di studio offerti nelle università. Dopo una breve discussione questa proposta venne accettata tuttavia il Ministro dell’Istruzione si rifiutò di metterla in atto.
I burocrati erano totalmente contrari al progetto di Jigoro e, nel luglio del 1919, gli fecero sapere che prima di mettere in atto la sua proposta avrebbe dovuto dimettersi da decano dell’Istituto Magistrale.
Le notizie, di quella inaspettata piega degli eventi, si diffusero rapidamente tra tutti i docenti dell’istituto. La loro reazione fu immediata e inequivocabile: se il Ministero dell’Istruzione avesse sollevato il signor Kano dal suo incarico l’intero corpo docenti avrebbe presentato le sue dimissioni in segno di protesta. Tale decisione mise il Ministro in una posizione difficile; non aveva previsto una così forte dimostrazione di sostegno a favore di Jigoro. La situazione era cambiata.
Qualche tempo dopo, all’inizio del nuovo anno accademico, i giornali rivelarono che un gruppo di scuole professionali era stato promosso allo status di ateneo.
Nell’elenco non era, però, menzionato l’Istituto Magistrale di Tokyo. Jigoro assieme ai docenti e agli studenti dell’istituto rimasero profondamente indignati.
Per sottolineare la loro posizione, a quel trattamento del tutto arbitrario, i docenti e gli studenti marciarono verso il Ministero dell’Istruzione in segno di protesta. Più di tremila persone, tra le quali vi era anche Jigoro Kano, parteciparono al corteo. Tutti sapevano che il Ministero dell’Istruzione avrebbe potuto prendere provvedimenti punitivi nei confronti di coloro che si opponevano alle sue decisioni, ciononostante i manifestanti erano determinati ad avanzare le loro rivendicazioni.
Gli studenti erano incoraggiati dal fatto che Jigoro appoggiasse le loro azioni. Lo ammiravano profondamente perché non si dava cura della sua posizione a rischio, pur di agire nei migliori interessi dell’istituto.
Dopo la manifestazione di protesta, venne presentata una proposta modificata al Ministero dell’Istruzione nella quale si richiedeva la creazione di varie università specializzate nella formazione dei docenti. Jigoro rimase più che soddisfatto dei risultati ottenuti.
Di lì a poco si dimise dal posto di decano dell’Istituto Magistrale di Tokyo, dopo aver presieduto la scuola per tre mandati di sette anni. Aveva già presentato le sue più importanti proposte di riforma, e aveva assistito alla messa in atto della maggior parte di esse, pensò, pertanto, che fosse arrivato il momento di farsi da parte.
Il mondo era cambiato in modo radicale dal giorno del suo arrivo all’istituto e gli altri suoi interessi richiamavano la sua attenzione, specialmente lo sviluppo del Kodokan. Nel gennaio del 1920 Jigoro diede ufficialmente le dimissioni; la legge che assegnava all’Istituto Magistrale lo status di ateneo fu approvata, dal corpo legislativo del Giappone, nel 1923 e, nel 1929, l’istituto divenne ufficialmente l’Università Bunrika per trasformarsi, in seguito, nell’Università per l’Insegnamento di Tokyo. Una statua in bronzo raffigurante Jigoro Kano venne posta all’ingresso dell’edificio.
Così, alla fine, ce l’aveva fatta. Il suo sogno era diventato realtà.