KATSUSHIKA HOKUSAI - sunshu ejiri
KATSUSHIKA HOKUSAI - sunshu ejiri

Per quanto riguarda gli esercizi di randori va detto che questi sono l’espressione personale che ogni singolo judoka da alla “forma” appresa.

In questi, il concetto di tsukuri trova la sua massima dimostrazione formale in quanto ogni azione è legata allo specifico adattamento che tori impone al suo corpo affinché uke subisca la tecnica.

 

“Tale principio mette in luce il significato più alto della “non forma”, ovvero l’essenza della forma adattata alla circostanza”.

Italo GASBARRI

 

Questo è il vero Judo, questa è l’espressione visibile dei suoi principi interiori.

Accade, allora, che la stessa tecnica, eseguita da due differenti judoka, assume forme differenti e, inoltre, muta, per lo stesso tori, da uke ad uke.

Vediamo, allora, quali sono gli esercizi di randori:

 

1.Lo YAKU-SOKU-GEIKO (proiezioni alternate).

Con questo esercizio si sperimentano tutte le combinazioni possibili tra azione (di tori) e reazione (di uke).

Si esegue una tecnica ciascuno e chi subisce non oppone resistenza.

Col tempo, e la relativa esperienza accumulata, ogni judoka arriverà ad avere padronanza assoluta dei propri mezzi.


2.Il KAKARI-GEIKO (compiti indirizzati).

In questo esercizio viene dato a tori e ad uke un loro specifico compito da asseverare.

Ciò in modo da poter allenare aspetti di difficile esecuzione ed eventuali difetti di forma.

Il kakari-geiko è fondamentale per imparare la preparazione all’attacco, le difese, le combinazioni ed i contrattacchi.

 

3. Il RANDORI (la non forma, l’allenamento libero).

In questo esercizio non c’è punteggio, vincitore o vinto.

Suo aspetto fondamentale è quello di far si che chi lo pratica si metta alla pari di chi ha di fronte: la

cintura superiore dovrà impegnarsi per trovare i punti deboli del suo antagonista in modo che, quest’ultimo, possa migliorare.

 

“È meglio fingersi ignoranti, senza indulgere alla presunzione, piuttosto che saggi, agendo con arroganza.

Solo chi è forte interiormente non ha paura di mostrarsi mite”.

Italo GASBARRI

 

In questo esercizio:

1. si cade senza problemi, senza umiliazioni, in quanto la caduta non si subisce ma si accetta;

2. la proiezione non deve comportare alcun rischio per gli atleti;

3. l’intensità della proiezione deve essere proporzionata a chi si ha di fronte.

Rispettare gli altri significa saper edificare un rapporto costruttivo con chi ci circonda; significa imparare a comunicare, a non essere arroganti, a non cadere nella trappola della presunzione, a saper condividere le proprie esperienze, a saper mutare (se giusto e necessario) le proprie opinioni, ad essere tolleranti l’un l’altro.

Sentire il Judo come un esercizio mentale, etico, civile, passa attraverso la consapevolezza e l’applicazione di questi principi.

 

4.Lo SHIAI(il combattimento).

In questo esercizio, che non rappresenta il fine della pratica, i contendenti si trovano a poter subire ogni tipo di tecnica e di caduta.

Nello shiai, bisogna penetrare il varco più sottile lasciato scoperto dall’avversario in modo da poterne cogliere il minimo vantaggio.

Una piccola debolezza di chi si ha al cospetto corrisponde ad un lieve aumento delle proprie potenzialità.

 

“Bisogna creare situazioni di vuoto nell’equilibrio dell’avversario e fare in modo che questi ne rimanga coinvolto.

Il vuoto, di par suo, non è l’inconsistente, bensì l’illusorio, che talvolta è ancora più incisivo del

reale”.

Italo GASBARRI

 

Sia che vinca, sia che perda, colui che pratica shiai si confronta dapprima con se stesso e soltanto secondariamente con chi ha di fronte.

Ciò perché la tradizione del Judo auspica che i praticanti traggano da questa disciplina quanto più può aiutarli a realizzarsi in quanto esseri umani e, per questo motivo, inizia là dove finisce il concetto di vittoria e di sconfitta.

La pratica dello shiai rappresenta, quindi, una conquista interiore.